Da molti considerato uno tra i migliori fonici in circolazione, indiscusso professionista e protagonista, in positivo, dei successi live di molti grandi artisti che da anni gli affidano i loro mix.
Stiamo parlando di Alberto “mente” Butturini o anche “Buttu”, come lo chiamano in molti sul campo, che in un caldo pomeriggio di Agosto ci ha concesso questa intervista senza “filtri” e, per una volta, senza necessariamente parlare di microfoni, compressori e diavolerie varie.
Con Alberto ci conosciamo da anni e nei nostri incontri si è sempre dimostrato disponibile, loquace, affabile, nonostante come lui stesso afferma “non sono un tipo semplice, spesso in tour faccio vita solitaria, ma ne ho bisogno, è nella mia essenza…”
Per quelli che non lo conoscono bene, Alberto può sembrare in effetti un tipo un po’ schivo, riservato, a tratti ruvido. La realtà è che dice sempre quello che pensa in un mondo – con particolare riferimento al nostro settore – dove sembra che debba essere sempre “tutto bello e tutti buoni”. Dalle sue parole trasuda una passione vera per il suo mestiere, una professionalità che ha sempre esercitato con successo dietro un mixer ma anche nella vita di tutti i giorni, dove serietà, onestà ed educazione contano più di quanto si possa pensare.
“Sono talmente innamorato della musica, in maniera così viscerale, che per me non sarebbe pensabile ascoltare, e soprattutto far ascoltare, un concerto con un suono mediocre!”
L’idea di questa intervista nasce qualche anno fa, in un camerino silenzioso e appartato in quella bolgia incredibile che fu Campovolo 2.0. In un lunghissimo pomeriggio di attesa ci raccontò dei suoi inizi al mixer e dei suoi studi “forzatamente interrotti” di geologia, una storia che ci eravamo ripromessi di raccontare proprio per dare una visione differente del mestiere del fonico, apparentemente lontana ma strettamente connessa con le abilità e le conoscenze tecniche, nella speranza di suscitare qualche riflessione in più, soprattutto nelle giovani leve che, spesso, credono che basti saper argomentare di microfoni e plug-in, per arrivare ai più alti livelli o, peggio, sentirsi già arrivati.
Ma qual è la ricetta per restare in cima alla vetta per anni e per guadagnarsi la fiducia dei grandi artisti e la stima di amici e colleghi? Di questo ed altro abbiamo parlato con Alberto nell’intervista sotto!
ZioGiorgio.it: a Campovolo 2.0, per ingannare l’attesa, ci raccontasti i tuoi inizi come fonico, ma è una storia che ci farebbe piacere condividere con i lettori. Come ti sei trovato a lavorare dietro un mixer?
Alberto Butturini: all’epoca ero uno studente di geologia anche se comunque vivevo già la musica con grande passione come chitarrista di alcune band locali. All’età di 19 anni ho avuto un grosso lutto in famiglia e sono stato in un certo senso “obbligato” ad arrangiarmi con qualche lavoretto al fine di tirar su i soldi per continuare a pagarmi gli studi, visto e considerato che ero uno studente fuori sede e vivevo a Bologna.
Provenendo dalla zona di Verona però, ed essendo un chitarrista, frequentavo spesso quello che già al tempo era un punto di riferimento per i musicisti in città, il negozio Musical Box di Giambattista Zerpelloni col quale ben presto sviluppai un rapporto che posso considerare fraterno.
ZioGiorgio.it: ed è proprio Giambattista che ti ingaggiò per il tuo primo lavoro.
Alberto Butturini: esatto, e la cosa è abbastanza singolare. Giambattista venne da un me un giorno e mi disse “tu che sai fare il fonico, avrei bisogno di te per un festival di 15 giorni qui a Verona!”.
Io fino a quel momento avevo giusto fatto i suoni per me e la mia band e risposi con una certa fermezza che non ero un fonico e che non sarei stato in grado di fare un festival dietro ad un mixer. Da una parte Giambattista insisteva – e sembrava essere sicuro che io potessi farcela – dall’altra io avevo bisogno di soldi ed è così che alla fine accettai.
Mi spararono letteralmente all’interno di questo Verona Rock che al tempo era un festival piuttosto importante, con l’assistenza di Angelo Cremasco che io considero a tutti gli effetti il mio padre putativo. Avevamo un bel mixer MKIII della Peavy con 24 canali e un Project One sempre Peavy come impianto. Arrivai sul campo ed Angelo mi dette alcune dritte base del tipo “Alberto, questo è il gain e serve per il livello del segnale in entrata, se poi vuoi il suono un po’ più chiaro puoi usare questa manopola, più scuro quest’altra, se vuoi un po’ di riverbero eccoti un PCM70. Adesso cerca di far suonare le band sul palco in maniera musicale”. Stop! Questo mi disse e questo cercai di fare. Il primo giorno potei contare quantomeno sulla presenza di Angelo che ogni tanto veniva a darmi una dritta, ma dal secondo giorno in poi mi lasciarono da solo dietro al mixer e dovetti smazzarmi le due settimane restanti di festival gestendo due o tre gruppi a sera. Per fortuna c’erano backliner molto in gamba che mi facilitarono il lavoro.
ZioGiorgio.it: però da quel che si racconta alla fine l’hai portata a casa. Forse eri un predestinato?
Alberto Butturini: non lo so, di certo io volevo fortemente che quelle band sul palco avessero un suono dignitoso, che il pubblico potesse ascoltare i vari strumenti nella maniera migliore e che soprattuto si capisse bene cosa stessero facendo i musicisti. Mi adoperai il più possibile per ricercare questo risultato, questa musicalità e fatta una, fatte due, fatte 20 piano piano cominciai ad entrare nel meccanismo.
Il lavoro con Musical Box proseguì anche l’anno seguente, nonostante io stessi continuando gli studi di geologia, vivendo con il costante affanno di chi deve studiare e lavorare per pagarsi gli studi.
ZioGiorgio.it: e poi a fine anni ottanta arriva il primo tour vero. Com’è andata?
Alberto Butturini: un altro punto di svolta arrivò nel 1987 (se ricordo bene) quando Giancarlo Sforza – altro personaggio al quale sono affezionato – chiese a Giambattista se avesse un fonico giovane, di quelli “che non se la menavano”, da mandare in tour con l’allora emergente Luca Carboni, che poi tanto emergente non era! Stiamo già parlando di Carboni con all’attivo due dischi pieni di successi, un personaggio famoso, con diverse hit in classifica. Anche in questo caso fu Giamba ad insistere per farmi andare in tour asserendo che sarei stato la persona giusta da affiancare a Luca. Ricordo che, dopo qualche tentennamento, pensai “bene, se lo dite voi, io vado”. Gli avevo già dato retta una volta, ed alla fine era andata bene (ride divertito ndr).
ZioGiorgio.it: da li in poi sei salito sulla “giostra”, quella dei tour, che non si è più fermata…
Alberto Butturini: come succede spesso vennero ad ascoltare i concerti di Carboni anche altri artisti che, probabilmente, rimasero colpiti dal suono dello show ed è così che subito dopo arrivano gli ingaggi con Fiorella Mannoia – con la quale ho collaborato nuovamente con soddisfazione l’anno scorso – poi Ivano Fossati, Lucio Dalla, Baglioni, Pino Daniele e via andare, fino ai giorni nostri, con Ligabue, Mengoni e molti altri…
ZioGiorgio.it: era più facile o più difficile a quei tempi intraprendere il mestiere del fonico?
Alberto Butturini: per certi versi più semplice perché un fonico non doveva necessariamente avere quella grande mole di preparazione tecnica che devi avere oggi se vuoi maneggiare un qualsiasi banco digitale o saper gestire tutta una serie di “protocolli” e macchine. L’altra faccia della medaglia è che di certo non c’era l’organizzazione che c’è oggi. Il fonico doveva gestire l’impianto, il cablaggio degli strumenti, spesso montare e smontare tutto e fare il mix del concerto e, alla fine della fiera, la serata bisognava portarla a casa, sempre e comunque. Oggi posso contare su PA man bravissimi che mi facilitano molto il lavoro, backliner preparati, fonici di palco sui quali fare affidamento e, spesso, materiali di altissimo livello.
ZioGiorgio.it: tecnicamente cosa è cambiato nel mondo del touring, mi riferisco a personale tecnico, rentals, produzioni.
Alberto Butturini: come prima cosa posso dirti con certezza che la qualità generale si è alzata parecchio, questo non può essere messo in discussione. C’è però da fare una distinzione tra quello che è il touring di alto livello, dove si gira con produzione completa e con budget idonei, e mezze produzioni dove non è sempre tutto rose e fiori. Nonostante gli impianti audio – ad oggi – siano mediamente tutti di buon livello, mi capita ancora di avere a che fare, quando giro senza PA al seguito, con sistemi malconci o peggio mal tarati.
In questi casi credo che occorra essere molto pratici e diretti. Se – perdonami il termine – “il sistema fa schifo, fa schifo”, inutile star a perdere tempo con giri di parole. Può suonare male per un sacco di motivi e per responsabilità di tutti e nessuno, poco importa, però di certo è bene mettersi subito al lavoro per migliore la situazione. Da parte mia cerco sempre di dare un contributo diretto, anche se ci vuole un intero pomeriggio. Non può essere sempre “tutto bello, tutti bravi”, siamo qui per garantire un servizio, per far ascoltare un audio quantomeno accettabile, meglio se di buona qualità e non c’è spazio per tanti discorsi e inutile diplomazia.
Non può essere sempre “tutto bello, tutti bravi”, siamo qui per garantire un servizio, per far ascoltare un audio quantomeno accettabile, meglio se di buona qualità e non c’è spazio per tanti discorsi e inutile diplomazia.
Tornando alla domanda iniziale va poi detto che il livello del personale tecnico si è alzato in maniera sensibile. Prendi i system engineer, oggi in Italia io stesso posso contare su personaggi come Orlando Ghini, Daniele Tramontani, Antonio Paoluzi, Luca Nobilini etc., senza necessariamente fare l’elenco completo.
ZioGiorgio.it: il livello si è alzato, le richieste sono sempre più puntuali e i budget sembrano per contro più risicati. Insomma Alberto, non è che qualcuno non la racconta giusta? La torta è ripartita correttamente?
Alberto Butturini: mi fai la domanda del secolo! (ride ndr) Provo comunque a risponderti. Onestamente io non posso lamentarmi, perché sarei ipocrita. Non è un mestiere col quale diventi ricco ma, se fatto ad alti livelli, credo che possa farti campare bene. Se parliamo invece della fetta che spetta al rent non conosco di preciso le cifre in ballo, ma di certo ancora una volta bisogna separare le grandi produzioni, dove tutto deve esser perfetto e nulla è lasciato al caso, e le medio o piccole produzioni dove, per contro, si cerca sempre di andare alla concretezza senza voli pindarici. Peraltro osservo che chi paga lo scotto maggiore negli ultimi anni siamo proprio noi dell’audio, mentre le cose sembrano andare meglio per la luce ed il video che hanno acquistato un’importanza primaria. In riferimento all’audio sento ancora qualcuno dire “tanto qualche cosa stasera si sentirà”.
ZioGiorgio.it: però questa “torta”, a ben vedere, non è poi così piccola, non trovi?
Alberto Butturini: in effetti il settore non credo si possa definire in crisi, i tour girano ed alcuni artisti sono tornati a fare diverse date, è un dato di fatto.
Passando alla famosa torta, beh, io credo che sia ben ripartita non tanto quando sia possibile fare le giuste porzioni, ma quando è impossibile non dedicare risorse alla produzione tecnica, non so se è abbastanza chiaro. Provo ad essere più esplicito. Nei grandi eventi è logico ed evidente che venga fatto tutto per la perfetta riuscita – vedi Campovolo o Modena quest’anno – eccellenze italiane con risultati straordinari. In altre situazioni capita che si riducano le forze in campo a livello tecnico ed umano, ma se la coperta è corta un raffreddore è il minimo che ci si può aspettare.
ZioGiorgio.it: produzioni, manager, personal manager, uffici stampa, booking etc. etc. Ma nel mondo del live servono tutte queste figure e strutture?
Alberto Butturini: se devi far girare un tour di 80 persone e 20 bilici in lungo ed in largo per la penisola allora serve eccome un ufficio produzione vero e competente e che ha indubbiamente dei costi. La produzione è il perno su cui si regge un tour, e fortunatamente esistono delle persone, magari burbere, ma eccezionalmente capaci. Per il resto “luci ed ombre”, nel senso che gira tutto intorno a questi maledetti soldi; sono dell’idea che dove ci sono meno risorse bisogna rinunciare a qualche cosa e chiaramente vorrei che non si lesinasse su audio e strutture tecniche in genere ma soprattutto che non si risparmiasse sulla sicurezza!
ZioGiorgio.it: torniamo alla tua carriera ed alla tua esperienza come professionista. Come si fa a stare oltre 35 anni ad alti livelli?
Alberto Butturini: già, bella domanda. Come prima cosa se mi guardo indietro non posso che considerarmi molto fortunato, la mia carriera la auguro a tutti, è stata piena di soddisfazioni ed ho sempre lavorato divertendomi. Non ti so dire quale sia il segreto, sempre ammesso che ci sia. Di certo io non sono mai sceso a compromessi e ho sempre detto le cose che pensavo in maniera molto chiara e diretta, a costo di perdere lavori importanti o tour di rilievo.
Posso però dire che rifarei tutto quel che ho fatto, sbagli compresi, perché se quello che ho fatto mi ha portato qua, forse, nonostante tutto il percorso che ho deciso di intraprendere è stato corretto.
ZioGiorgio.it: a quali sbagli ti riferisci?
Alberto Butturini: è successo che io abbia detto – anche direttamente – agli stessi Artisti che qualche cosa poteva essere fatta meglio. Diciamo che in certi casi posso aver anche usato parole più chiare ed eloquenti. Questo non sempre piace a chi sta intorno all’Artista e a volte neppure all’Artista stesso. Però, nel tempo, molti hanno imparato a fidarsi di me, forse con la consapevolezza che il mio è un parere oggettivo ed imparziale. Non ti nascondo che negli anni passati ho pagato questo mio modo di essere, ma non potrebbe essere altrimenti.
Sono anche convinto che certi miei atteggianti siano stati in maniera inconscia voluti, forse per allontanarsi da alcune situazioni in cui non mi sentivo più a mio agio e per trovarne altre, magari più gratificanti.
ZioGiorgio.it: quali pensi siano le caratteristiche e le doti umane più importanti che deve avere un fonico, premettendo che ci debbano essere solide basi tecniche dalle quali partire?
Alberto Butturini: è difficile da dire ma parlando per me una cosa che è sempre stata il motore per andare avanti e che ricopre un’importanza primaria ancora oggi è il mio amore per la musica. Un amore vero, viscerale, puro. Sono letteralmente innamorato della musica, penso sia la cosa più bella che si possa avere. Nello stesso tempo il mio rapporto con essa è contraddittorio, nel senso che non sono uno che l’ascolta 24h al giorno (anche se per ovvi motivi professionali ne ascolto molta) ma preferisco attendere che sia lei a chiamarmi, ad attirarmi. Molte scelte professionali sono state fatte in questo senso.
ZioGiorgio.it: quindi la componete “divertimento” è comunque importante per un fonico?
Alberto Butturini: direi di sì! Ho avuto la fortuna di sperimentare in spettacoli irripetibili, vere e proprie sfide. Mi ricordo i tour con Claudio Baglioni dove, ormai 20 anni fa, si facevano palchi centrali, regie di lato, di traverso e posizionate in alto sugli spalti. E ancora stadi per il lungo, per il largo, spettacoli iteranti sui camion con PA appesi, tutte cose che forse oggi si vedono meno. Comunque il divertimento non deve mai mancare.
ZioGiorgio.it: siamo giunti alla fine della nostra intervista ma ancora non abbiamo svelato il retroscena del soprannome “mente”.
Alberto Butturini: mi fu affibbiato nei primi anni di carriera, al tempo del lavoro con Musical Box. Avevo questo PCM70 per i riverberi che avevo imparato ad usare molto bene. Stavo sempre a “smanettare” sui parametri quando ancora in pochi avevano confidenza e padronanza di queste macchina, si parla di oltre trent’anni fa! E’ così che qualcuno mi disse “eh, ma come fai a capirci su quel coso? Sei proprio una mente!” Ecco come nacque il soprannome.
ZioGiorgio.it: Alberto, dicci tre artisti che ti piacerebbe mixare.
Alberto Butturini: Potrei dire Peter Gabriel perché è Peter Gabriel, cosa altro dovrei aggiungere? Parlando di amore e dedizione per la musica sicuramente lui è in cima alla lista.
Poi ci metterei Bruno Mars. Amo il suo modo di fare musica sorridendo, divertendosi, sprizza gioia e positività. E poi il funk, il soul sono generi che mi piacciono da sempre.
Con il terzo nome forse stupirò molti, ma direi Madonna! Sì, mi piacerebbe fare un tour con Madonna.
Ne avrei tanti altri, ma mi hai detto di citarne solo tre…
ZioGiorgio.it: beh, dei restanti molti li hai già mixati live!
Alberto Butturini: ammetto che ho avuto una carriera splendida con artisti italiani ovviamente, che auguro a tutti e spero vivamente che qualche fonico giovane si possa togliere le soddisfazioni che mi sono tolto io.
Non so quanto ancora starò su questa giostra, anche se per adesso non ci penso proprio alla pensione (ride divertito ndr).
ZioGiorgio.it: è un calvario?
Alberto Butturini: è un calvario!
Ringraziamo Alberto che ritroveremo probabilmente molto presto in qualche concerto in giro per l’Italia.
Aldo Chiappini
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